Un Patrimonio per la Ricerca, nuove cure dagli studi sui piloti

Da una ricerca rivoluzionaria sui piloti dei jet supersonici nuove terapie per combattere malattie gravi, migliorando la vita di migliaia di pazienti: medicina rigenerativa, ricerca contro l’invecchiamento, terapie cellulari e tecnologie biomediche per il trattamento delle lesioni neurologiche gravi sono solo alcuni degli ambiti di applicazione del progetto finanziato dalla Fondazione Patrimonio Ca’ Granda all’interno del bando della Direzione Scientifica del Policlinico di Milano.

Lo studio si chiama “TORNADO: Omics Techniques and Neural Networks for the development of predictive risk models” e si colloca dentro un accordo quadro siglato tra l’ospedale, l’Università degli Studi di Milano e l’Aeronautica Militare Italiana.

Un progetto di ricerca davvero all’avanguardia che potrà far compiere importanti passi avanti nel campo della medicina preventiva e terapeutica, grazie allo studio della vita, delle abitudini e della genetica dei piloti dell’Aeronautica Militare.

Allo studio, coordinato dal prof. Marco Locatelli, direttore della neurochirurgia del Policlinico di Milano, lavora il dott. Giovanni Marfia, ricercatore dell’ospedale milanese e ufficiale medico dell’Aeronautica Militare.

Dott. Marfia, in cosa consiste questo progetto?

Questo progetto unico in Italia, nato dall’accordo tra queste tre grandi istituzioni del nostro Paese, consiste nello studiare una popolazione estremamente omogenea che è quella dei piloti ad alte prestazioni dell’Aeronautica Militare al fine di sviluppare uno strumento tecnologico di ultima generazione che consentirà di raccogliere diversi dati (clinici, abitudini familiari, sequenza di tutti i geni) dei piloti e grazie a queste informazioni sviluppare un modello personalizzato di rischio per prevenire diverse malattie.

Quali potrebbero essere le ricadute di questo studio sulle persone?

Questo progetto avrà delle ricadute importanti per il Sistema Sanitario perché la tecnologia sviluppata dal Ministero della Difesa, in collaborazione con un ente di ricerca come il Policlinico, potrà essere trasferita da una popolazione omogenea e “supersana”, come i piloti oggetto dello studio, ai pazienti che quotidianamente vengono curati presso l’ospedale. Svilupperemo infatti questo strumento tecnologico dotato di intelligenza artificiale che potrà rielaborare tutti i dati acquisiti dai piloti.

Questo modello potrà essere applicato a ciascun paziente, sviluppando terapie di medicina di precisione personalizzata, andando a individuare i marcatori azionabili di rischio di ciascun individuo nello sviluppare alcune patologie e a intervenire prima che la patologia si manifesti.

Di quali malattie stiamo parlando nello specifico?

Stiamo parlando ad esempio di tutte le patologie legate alla degenerazione del sistema osteoarticolare come la colonna vertebrale, le patologie cardiovascolari, le malattie neurodegenerative. Questo progetto alla fine dei due anni consentirà di trasferire questo modello a tutti i pazienti.

Cosa ne pensa del contributo della Fondazione Patrimonio Ca’ Granda alla ricerca del Policlinico?

La Fondazione Patrimonio Ca’ Granda valorizza il patrimonio rurale della storia di secoli e di lasciti di importanti famiglie milanesi valorizzandone i profitti per potenziare l’attività di ricerca. Questo consente di svolgere attività che tutti i giorni riusciamo a portare avanti grazie a questo importante contributo che ci porta ad aumentare tantissimo i risultati della ricerca, la produttività scientifica e il trasferimento tecnologico verso le unità operative cliniche a cui afferiamo. Questo si traduce infine in un migliore approccio di cura e di attenzione verso il paziente.

Prof. Locatelli come vede la Fondazione Patrimonio Ca’ Granda e il suo ruolo nell’ospedale?

Il ruolo della Fondazione Patrimonio Ca’ Granda è essenziale perché senza il vostro supporto non esisterebbe gran parte del lavoro che viene fatto nel nostro laboratorio. Inoltre è riuscita a valorizzare il patrimonio rurale dell’ospedale che è qualcosa di vivo e reale della nostra grande Regione.

Un Patrimonio per la Ricerca, uno studio genomico contro l’Emofilia

L’Emofilia A è una malattia genetica che solo in Europa colpisce ogni anno un bambino ogni 5mila neonati. Chi soffre di questa patologia ha un difetto della coagulazione del sangue: il suo organismo non riesce a controllare il sanguinamento e anche una minima ferita può diventare una grave emorragia.

Per far fronte a questa patologia i pazienti devono sottoporsi a cure costanti, sin dalla nascita, per poter reintegrare quei fattori di coagulazione del sangue, il Fattore VIII, che il loro corpo non riesce a produrre.

Purtroppo però in alcuni pazienti le cure non funzionano: circa un terzo dei malati sviluppa infatti anticorpi contro il Fattore VIII, rendendo le terapie inefficaci. Se non curati, i pazienti con emofilia grave hanno un’aspettativa di vita molto bassa, inferiore ai 30 anni.

Per aiutare a combattere questa malattia e dare una speranza ai piccoli pazienti (e alle loro famiglie), la Fondazione Patrimonio Ca’ Granda, all’interno del Bando della Direzione Scientifica del Policlinico di Milano, ha finanziato una ricerca che potrebbe portare a nuovi importanti passi avanti per la sconfitta di questa malattia.

Il progetto “The effect of DNA methylation on inhibitor development in patients with hemophilia being treated with FVIII clotting factor concentrates“, coordinato dalla prof.ssa Flora Peyvandi, ematologa e responsabile del Centro Emofilia e Trombosi “Angelo Bianchi Bonomi” del Policlinico, è condotto dal dott. Shermarke Hassan, giovane ricercatore olandese arrivato a Milano nella primavera del 2020.

Dott. Hassan, qual è l’obiettivo della vostra ricerca finanziata da Fondazione Patrimonio Ca’ Granda?

In questo studio vogliamo esaminare la salute immunitaria dei pazienti che sviluppano questa risposta indesiderata e vedere dal punto di vista genetico se si comportano in modo diverso rispetto alla salute immunitaria dei pazienti che non sviluppano questa risposta immunitaria.

Quali implicazioni potrebbe avere questo studio?

Questo progetto è molto utile per due motivi. In primo luogo, saremo in grado di comprendere meglio i meccanismi biologici alla base di questa risposta immunitaria avversa, per potere sviluppare farmaci meno immunogenici. In secondo luogo, potremmo essere in grado di utilizzare questi risultati per prevedere meglio quali pazienti svilupperanno questa risposta immunitaria avversa, per potere ottimizzare il loro piano di trattamento individuale.

Cosa ne pensa del ruolo di Fondazione Patrimonio Ca’ Granda alla ricerca del Policlinico?

Fondazione Patrimonio Ca’ Granda innanzitutto ci ha permesso di realizzare questo progetto dal punto di vista finanziario, cosa di cui siamo molto grati, inoltre nell’ambito di questo progetto stiamo lavorando con diversi gruppi di ricerca e questo è un grande vantaggio per noi, perché sarà utile non solo per questo progetto, ma anche per molti altri progetti futuri per questo centro di ricerca. La Fondazione Patrimonio Ca’ Granda è davvero unica, perché è stata in grado di gestire il patrimonio agricolo del Policlinico e di valorizzarlo per sostenere diversi progetti di ricerca e credo che questo sia davvero unico.

Salvata la chiesa del XV secolo, trovati affreschi inediti

L’oratorio di San Rocco a Fallavecchia – un bene di proprietà pubblica donato da Papa Pio IV nel 1561 alla Ca’ Granda, come un tempo veniva chiamato il Policlinico di Milano – rinasce e viene restituito alla comunità, grazie al restauro curato dalla Fondazione Patrimonio Ca’ Granda, a cui è affidata la valorizzazione del patrimonio rurale dell’Ospedale.

La piccola chiesa, preziosissima testimonianza architettonica e pittorica del XV secolo, era divenuta nel tempo inagibile a causa delle fragili fondamenta poggiate letteralmente sulla sabbia, con un rischio sempre più prossimo di crollo.

Dopo un lungo e delicato intervento di risanamento e restauro, questo antico luogo di preghiera, dedicato al santo protettore degli appestati, potrà nuovamente essere ammirato da tutti, diventando uno dei principali punti di interesse dell’Oasi Ca’ Granda.

La soddisfazione per questo risultato è ancora più grande considerati i tanti ostacoli inattesi che è stato necessario superare dall’inizio dei lavori nel 2020, tra cui: la precaria situazione strutturale, l’avanzato stato di ammaloramento interno, la sospensione dovuta al lockdown per Coronavirus, la successiva carenza di materiale edile.

Un lavoro complesso che ha riservato anche una felice sorpresa finale.

Il restauro ha infatti riportato alla luce preziosi affreschi del XVI secolo, rimasti finora celati da un posticcio controsoffitto: un pregevole ciclo pittorico inedito con affreschi di “San Rocco”, “San Sebastiano” e una “Crocifissione con Maddalena e san Giovanni Battista”, attribuiti alla bottega di Aurelio Luini, figlio di Bernardino.

L’oratorio di San Rocco è stato ufficialmente inaugurato e riaperto al pubblico domenica 11 settembre 2022, in occasione della festa patronale di Fallavecchia, con la presentazione dei lavori di restauro e la santa Messa.

Il progetto di recupero ha interessato anche il vicino oratorio di Santa Maria Addolorata presso la cascina di Coronate, dove nell’XI secolo si stabilirono i 12 monaci cistercensi francesi guidati dall’abate di Morimond in attesa della costruzione dell’abbazia di Morimondo da loro fondata.

Il costo complessivo del restauro curato da Fondazione Patrimonio Ca’ Granda dei due oratori è stato di 324.543 euro, finanziato dal Policlinico con il sostegno di Regione Lombardia.

Oratorio di San Rocco a Fallavecchia, note storiche

Costruito in posizione isolata rispetto alle abitazioni del borgo, l’oratorio di San Rocco a Fallavecchia, frazione di Morimondo (MI), è un piccolo gioiello che racconta la storia delle campagne lombarde e la vita delle persone che da secoli vi abitano.

L’oratorio proviene, come tutto il lotto di Fallavecchia, dai beni dell’Abbazia di Morimondo, donati all’Ospedale Maggiore di Milano da Papa Pio IV nel 1561. L’edificio fu costruito tra il XV e il XVI secolo ed è citato per la prima volta nella bolla papale con la quale il Pontefice donò i possedimenti dell’Abbazia alla Ca’ Granda, la “grande casa” dei milanesi, come veniva affettuosamente chiamato dalla popolazione l’antico Ospedale Maggiore di Milano, oggi Policlinico.

La prima menzione risulta dagli atti della visita pastorale di san Carlo Borromeo, vescovo di Milano, il 15 luglio del 1573. Presso l’oratorio si riuniva la Confraternita del SS. Sacramento, fondata da san Carlo nel 1574.

L’oratorio è caratterizzato da un impianto ad aula unica, con tetto a capanna e abside piatta, con murature ornate in cima da una fila di archetti pensili. Interessante la sobria cornice del portale a tutto sesto sormontato da un rosone frontale. La costruzione è affiancata da un campanile, anteriore al XVII secolo.

Interni chiesa di San Rocco, com’era e com’è…

 

 

 

PROGETTO INTEGRATO DI AREA L’AGRICOLTURA DEI MONACI

cofinanziato dal FEASR OPERAZIONE Operazione 7.6.01 – Incentivi per il recupero e la
valorizzazione del patrimonio rurale” del Programma di Sviluppo Rurale 2014 – 2020

Autorità di Gestione del Programma: Regione Lombardia

Un Patrimonio per la Ricerca, cure personalizzate contro la LMA

La leucemia mieloide acuta è una malattia rara che colpisce soprattutto persone in età avanzata. Fortunatamente le terapie per combattere questo tumore del sangue hanno fatto grandi passi avanti, ma purtroppo non possono essere somministrate a tutti i pazienti perché i rischi potrebbero superare i benefici. Per questo è necessario che la ricerca continui nella direzione della medicina personalizzata, per curare nel modo più efficace ogni paziente in base alle sue caratteristiche e avere sempre più possibilità di sconfiggere la malattia.

La ricerca finanziata dalla Fondazione Patrimonio Ca’ Granda, all’interno del Bando della Direzione Scientifica della Fondazione IRCSS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di MilanoPiattaforma NGS NextSeq2000-2020” va proprio in questa direzione: porterà la comunità scientifica a conoscere meglio dal punto di vista biologico quali sono le forme di leucemia mieloide acuta più probabilmente trattabili – o viceversa resistenti – a queste nuove terapie.

Il progetto si chiama AMANITA ed è coordinato da Niccolò Bolli, professore associato di ematologia all’Università degli Studi di Milano e coordinatore dell’Unità Operativa Semplice di laboratorio e ricerca dell’ematologia dell’ospedale.

Prof. Bolli, qual è l’obiettivo di questa ricerca?

Il progetto di ricerca da finanziato dalla Fondazione Patrimonio Ca’ Granda si propone di identificare quali sono i pazienti che più probabilmente risponderanno o non risponderanno a determinati trattamenti per la leucemia mieloide acuta. Infatti da pochi anni sono stati approvati all’interno del Sistema Sanitario Nazionale dei nuovi farmaci che fino a pochi anni fa non c’erano e che oggi promettono di poter trattare un maggior numero di pazienti con questa malattia.

La ricerca va nel senso della medicina personalizzata. Speriamo di ottenere dei marcatori biologici della malattia che sempre più in futuro ci potranno dire quali sono i pazienti che più di altri beneficeranno di queste nuove terapie per la leucemia mieloide acuta.

Che tipo di malattia è la leucemia mieloide acuta?

La leucemia mieloide acuta è un tumore del sangue, un tumore purtroppo aggressivo, rapidamente fatale se non diagnosticato e trattato in tempo, è comunque una malattia rara, ma nonostante questo i casi di leucemia mieloide acuta che noi identifichiamo non sono omogenei, i pazienti con questa malattia possono avere prognosi diverse, possono rispondere in modo diverso a farmaci differenti, questo perché la malattia è piuttosto eterogenea dal punto di vista biologico e  iniziare a capire qual è il modo migliore per trattarla è il primo passo per poter curare un maggior numero di pazienti. In questa direzione va la nostra ricerca.

Da chi è composto il vostro team di ricerca?

Io sono qui in Policlinico da un anno e mezzo e ho avuto la grande fortuna di potermi inserire in una linea di lavoro che mi precede di decenni. L’ospedale Policlinico, il Pronto Soccorso, da sempre sono uno dei poli principali dove persone malate di leucemia mieloide acuta si recano per ricevere cure. Il gruppo di lavoro è supervisionato dal dott. Nicola Fracchiolla e vede nel team la dott.ssa Sciumé e la dott.ssa Grifoni, mentre il prof. Baldini è il direttore dell’UOC (Unità Operativa Complessa).

Io ho la fortuna di essermi inserito in un team di lavoro ben più grande di me che mi ha dato la possibilità di partire da una base già estremamente solida e inserire su questa base una domanda di ricerca che nasce dalle mie precedenti esperienze e a cui tutti insieme speriamo di rispondere.

Quanto è stato rilevante il contributo della Fondazione Patrimonio Ca’ Granda alla vostra ricerca?

Come medico e ricercatore io mi reputo molto fortunato a lavorare in Policlinico perché questo ospedale da sempre fa dell’assistenza clinica, ma anche della ricerca medica, le sue due attività fondanti. Noi siamo particolarmente fortunati perché grazie al contributo di Fondazione Patrimonio Ca’ Granda – che deriva dalla gestione delle proprietà rurali del Policlinico – possiamo ulteriormente estendere l’attività di ricerca, sia in termini di quali patologie ricercare sia in termini dell’applicazione di nuove tecniche di ricerca a queste patologie; per cui speriamo anche grazie al vostro contributo di poter ulteriormente accelerare il processo delle conoscenze delle neoplasie del sangue.

Perché è importante la ricerca scientifica?

La ricerca scientifica tutti se la immaginano come un’autostrada, si identifica un problema, si pianifica una ricerca che possa individuare la soluzione, si lavora in quella direzione e si arriva al casello con un percorso finito e la soluzione. La verità è che la ricerca è una strada di montagna dove è più facile perdersi che andare dritti. Questa idea di studio di questa forma di leucemia acuta nasce anni fa da miei studi sull’eterogeneità del mieloma multiplo, dove per anni ho cercato di identificare modi per studiare il comportamento di ogni singola cellula; questo è tecnicamente molto difficile, le cellule infatti sono quasi invisibili e non le possiamo maneggiare manualmente una per una.

Proprio mentre cercavamo soluzioni per affrontare questo problema un gruppo con il quale collaboriamo nel Regno Unito ci ha avvertito del prossimo lancio sul mercato di una macchina che, con dei sistemi complessi di circolazione delle cellule in un circuito di fluidi, riesce a fare esattamente questa separazione di ogni singola cellula.

Questa è la testimonianza di come non basta avere una buona idea, bisogna capirne l’applicazione pratica, essere aggiornati sui progressi della tecnica per capire se c’è un modo sempre più facile per rispondere alla nostra esigenza. Poi è molto importante sempre avere in mente qual è la reale necessità clinica dei pazienti. Solo nella combinazione di questi vari fattori si può mettere in piedi una ricerca effettivamente di impatto per la salute di tutti.

Oasi Ca’ Granda, sport per tutti nella natura

Tra natura, fiumi, borghi e campagne, l’Oasi Ca’ Granda è ricchissima di percorsi per persone di tutte le età e per ogni mezzo di locomozione, dalle vostre gambe alle canoe!

Se volete trascorrere una giornata all’aperto, coniugando una sana attività fisica con il piacere della scoperta dell’antico patrimonio rurale della Ca’ Granda (l’antico Ospedale Maggiore di Milano, l’attuale Policlinico), tra natura, cultura e tradizione, questi suggerimenti fanno al caso vostro.

Gli itinerari da percorrere in bicicletta o a piedi fanno la parte del leone in questa oasi che si estende dal Ticino all’Adda e ce ne sono ben 10, di varia lunghezza e durata, che soddisfano ogni esigenza: dalla pedalata più sportiva nella natura, alla tranquilla passeggiata culturale alla scoperta di un borgo storico.

La campagna di Rosate (MI), Daniela de Rosa

Se si desidera condividere queste esperienze in compagnia ci sono le escursioni accompagnate da guide ambientali, organizzate per piccoli gruppi.

Sono tantissimi gli operatori del territorio che propongono appuntamenti lungo tutto l’arco dell’anno: ad esempio con Four Seasons Natura e Cultura si cammina lungo le strade bianche di campagna, toccando le cascine della Ca’ Granda, accompagnati dall’incredibile e lunghissima storia dei luoghi, con Avventura sulle Gambe si fa “trekking nella biodiversità” guidati da naturalisti esperti e appassionati.

Per un’uscita in bici nelle aree protette invece ci sono Le Anatre OUTDOOR con mete nel Parco Agricolo Sud Milano e nel Parco Lombardo della Valle del Ticino.

L’anello della Fagiana, Archivio Parco del Ticino

Non mancano mezzi più insoliti, ma sempre sostenibili, per esplorare l’Oasi Ca’ Granda la prima volta, o magari per riscoprirla da un punto di vista diverso.

Con Natura e Avventura ad esempio potrete scegliere una passeggiata a cavallo, unendo all’escursione il contatto davvero speciale che si instaura con questo magnifico animale.

E ancora, perfetto per l’estate ma adatto ad ogni stagione, il rafting sul Ticino con AqQua Canoa & Rafting è un’esperienza davvero da non perdere.

La discesa del Ticino in gommone, AqQua Canoa & Rafting

L’immersione assoluta nella natura con le acque limpide del fiume, i fitti boschi che si affacciano sulle rive di sabbia bianchissima sono uno spettacolo unico.

In estate le lanche del fiume possono essere esplorate con la canoa, pagaiando su un letto di ranuncolo d’acqua fiorito e circondati dal volo di tantissime libellule di un blu cangiante.

Ai più fortunati capita anche di fare qualche incontro inaspettato ed emozionante con gli animali che abitano questa oasi di biodiversità. Ad esempio un capriolo che si abbevera nel fiume… come è successo a me!

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Un Patrimonio per la Ricerca, un nuovo modello 3D contro la SLA

Tra le malattie neurodegenerative, una delle più tristemente conosciute è la sclerosi laterale amiotrofica, la SLA. Colpisce prevalentemente persone adulte e si stima che in Italia siano circa 6.000 le persone affette da questa malattia che ad oggi ancora non ha una cura.

Per aiutare a combattere la SLA e dare una speranza ai pazienti (e alle loro famiglie), la Fondazione Patrimonio Ca’ Granda, all’interno del Bando della Direzione Scientifica della Fondazione IRCSS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, ha finanziato una ricerca che potrebbe portare a nuovi importanti passi avanti nella lotta contro questa malattia del motoneurone.

Il progetto – a cui sono stati destinati 100.000 euro – si chiama “3D modelling of neuromuscular unit to discover pathogenetic mechanisms and therapeutics for motor neuron diseases” ed è coordinato dalla prof.ssa Stefania Corti, neurologa dell’ospedale e professore associato di Neurologia all’Università degli Studi di Milano, in collaborazione con il prof. Yvan Torrente.

Prof.ssa Corti, che tipo di malattia è la SLA?

La SLA è la più frequente malattia del motoneurone dell’adulto. L’età di insorgenza è intorno ai 60 anni, ma a volte anche ai 50, quindi nel pieno dell’attività lavorativa, della vita sociale e causa una progressiva paralisi muscolare, con un decorso di pochi anni dall’insorgenza della malattia. Dalla diagnosi, il decorso può essere da 1, 3, 5 anni con un exitus legato all’insufficienza respiratoria. Siccome nella maggior parte dei pazienti le capacità cognitive sono integre, il paziente rimane letteralmente paralizzato e imprigionato nel suo corpo. Purtroppo attualmente non esistono cure efficaci contro questa malattia, per questo è necessaria la ricerca.

Qual è l’obiettivo del progetto finanziato dalla Fondazione Patrimonio Ca’ Granda?

Il progetto ha come obiettivo quello di sviluppare un nuovo modello cellulare tridimensionale della SLA; in particolare vogliamo sviluppare un modello di giunzione neuromuscolare 3D, attraverso una nuova tecnica: si tratta di una creazione di cellule organizzate tridimensionalmente che riproduce la giunzione tra i motoneuroni e il muscolo, ossia il punto dove inizia probabilmente la malattia. Questo ci consentirà di studiare e di testare nuovi approcci sia molecolari che farmaceutici.

Perché questo progetto è innovativo?

Il nostro progetto è innovativo perché crea una struttura in vitro, tridimensionale, di una struttura importante del sistema nervoso con l’obiettivo di testare delle nuove strategie terapeutiche su questa struttura. L’originalità, rispetto a quanto presente finora nella letteratura scientifica, risiede nella creazione di un modello tridimensionale, che tecnicamente viene chiamato “organoide”. Abbiamo così un’unione tra i neuroni tridimensionali e il muscolo, creando un modello nuovo rispetto a quando studiato finora. Non esistono infatti attualmente dei modelli che siano in grado di riprodurre quello che avviene nell’uomo. Per questo ci aspettiamo che, laddove ci sia un modello valido, ci possa essere anche un avanzamento nell’ambito terapeutico.

Cosa ne pensa del ruolo di Fondazione Patrimonio Ca’ Granda alla ricerca del Policlinico?

Fondazione Patrimonio Ca’ Granda è una Fondazione a sostegno della ricerca scientifica del Policlinico ed è particolarmente interessante il suo modello di investimento: attraverso la gestione e valorizzazione del patrimonio rurale c’è un importante ritorno alla ricerca. Penso davvero che questo modello incarni l’idea green di cui si parla tanto oggi, dall’agricoltura alla ricerca, in modo sostenibile; è molto utile alla nostra ricerca essere sostenuti concretamente, così da progredire il più rapidamente possibile per poter dare delle risposte ai nostri pazienti.

Rete Ecologica Ca’ Granda, la natura si fa strada

Con tutta la sua ricchezza di biodiversità e i preziosi servizi ecosistemici che ci fornisce, la natura ha bisogno di spazio: uno spazio vitale e di qualità che, in una regione urbanizzata come la Lombardia, è una grande sfida poter riconquistare!

Per questo Fondazione Patrimonio Ca’ Granda:

  • crea nuovi ambienti tra cui aree umide e siepi;
  • rinaturalizza piccoli corsi d’acqua irrigui;
  • promuove pratiche agricole di cui beneficiano anche le specie selvatiche;
  • costruisce, passo dopo passo, una grande connessione naturale a sud di Milano, tra i fiumi Ticino e Adda.

Il fiume Ticino, Fabrizio Magri

La natura ha capacità straordinarie di rigenerarsi, approfittando di ogni occasione le si presenti.

Alcuni agricoltori hanno adottato la pratica di allagare le risaie in primavera e di mantenere alcuni prati non falciati ai bordi dei campi coltivati: è bastato questo perché raddoppiasse il numero di esemplari di una libellula, il Cardinale alifasciate, una specie molto esigente e sensibile che con la sua presenza rivela la buona qualità dell’ecosistema.

Cardinale alifasciate, Gaia Bazzi

E ancora, i corsi d’acqua che bagnano le nostre campagne sono stati cementati, costretti a seguire traiettorie rette come strade ed hanno sponde prive di vegetazione: tutte condizioni che rendono difficile se non impossibile l’insediarsi di anfibi o insetti.

Per questo in un canale irriguo abbiamo creato piccole anse, rimosso la vegetazione infestante e alloctona dalle sponde e messo a dimora moltissime piante diverse e tipiche del nostro territorio.

Dove siamo intervenuti la vegetazione sta già crescendo e nel “nuovo canale” molti uccelli troveranno un riparo e, speriamo, anche un luogo adatto in cui nidificare.

Pantane in una risia allagata, Archivio Parco del Ticino

Il lavoro di Fondazione Patrimonio Ca’ Granda (capofila del progetto Rete Ecologica Ca’ Granda) e di tutti i partner prosegue con nuove aree umide e alberate, prati e siepi e per misurare l’effetto di questi interventi è in campo un team di naturalisti che ne sta monitorando i benefici rilevando la presenza di anfibi, insetti ed uccelli.

Nel frattempo anche il mondo della ricerca è al lavoro per studiare i servizi ecosistemici che questi ambienti ci assicurano, così da comprendere il valore che assumono non solo per l’ecosistema ma anche per l’uomo.

Ma a che scopo fare tutto ciò? Perché investire tante energie per riportare la natura in luoghi da cui è scomparsa?

Perché ciò che fa bene alla natura fa bene anche a noi!

La sommersione primaverile delle risaie alimenta le falde sotterranee, le nostre riserve d’acqua, essenziali ad esempio per le coltivazioni quando bisogna affrontare periodi di siccità; le aree umide e la vegetazione sulle sponde dei corsi d’acqua funzionano come filtro per gli inquinanti; la presenza di insetti impollinatori, attirati da siepi e prati fioriti, ci garantisce prodotti come frutta e ortaggi.

E se questo non bastasse, vivere o anche solo trascorrere del tempo nella natura, è bellissimo e ci fa stare bene.

La natura è un capitale dal valore immenso: prendercene cura è il migliore investimento che possiamo fare!

 

Scopri di più sulla Rete Ecologica Ca’ Granda 

REC è un progetto che Fondazione Patrimonio Ca’ Granda realizza insieme a Parco Lombardo della Valle del Ticino, Fondazione Lombardia per l’Ambiente, DAStU – Politecnico di Milano, Parco Agricolo Sud Milano, Consorzio di Bonifica Est Ticino Villoresi, Agenzia Interregionale fiume Po, Parco Regionale dell’Adda Sud e Consorzio di Bonifica Bassa Muzza Lodigiana.

 

Con il sostegno di:

 

 

 

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Oasi Ca’ Granda, picnic diffuso per grandi e piccoli

Prosegue la stagione estiva dell’Oasi Ca’ Granda con tante attività all’aria aperta, nella campagna tra le risorgive di Morimondo, dalla valle del Ticino a quella dell’Adda: un vasto territorio da scoprire nei suoi aspetti storici, naturalistici ed enogastronomici.

Il terzo weekend di giugno 2022 è interamente dedicato al Picnic Ca’ Granda: in attesa del solstizio d’estate cascine, agriturismi e parchi, preparano dei cestini da picnic colmi di prodotti di qualità, da freschi ortaggi a salumi e formaggi di produzione propria.

Tante proposte, una diversa dall’altra, per coinvolgere tutti a festeggiare la Giornata Mondiale del Picnic e riscoprire la bellezza e la semplicità del mangiare a km0, immersi negli affascinanti scenari rurali dell’Oasi Ca’ Granda.

Picnic diffuso alle porte di Milano, le date

Sabato 18 giugno un Picnic al tramonto a base di salumi e formaggi nella Cascina Battivacco (MI), una delle più antiche cascine della Ca’ Granda situata alle porte di Milano e facilmente raggiungibile in bicicletta costeggiando il Naviglio Pavese e il Naviglio Grande oppure con i mezzi pubblici (solo su prenotazione – 18,50 € per due adulti / 7 € per bambino).

Sempre sabato 18 giugno il ristorante Il Fienile dei Monaci di Morimondo (MI) prepara dei cestini da ritirare per gustare un Picnic nel Parco del Ticino a base di prodotti di aziende agricole locali (solo su prenotazione – 25 € a persona).

Picnic diffuso nel Lodigiano

Per conoscere le terre del Lodigiano attraverso i suoi prodotti tipici, due appuntamenti nell’Oasi Ca’ Granda.

Sabato 18 giugno un Picnic nel Bosco del Parco Ittico Paradiso (LO), con tre menù per accontentare tutti gusti, da quello a base carne a quello di pesce d’acqua dolce (solo su prenotazione – 35 € adulto: ingresso al parco, picnic, lucciolata / 20 € bambino: ingresso al parco, picnic, lucciolata).

Domenica 19 giugno nella Cascina La Colombina (LO) un tradizionale Picnic nel Lodigiano. Questa tipica cascina lombarda a conduzione familiare è raggiungibile anche percorrendo una scenografica ciclabile che scorre accanto al Canale della Muzza (solo su prenotazione – 50 € per due adulti, 15 € a bambino).

Cos’è l’Oasi Ca’ Granda

L’Oasi Ca’ Granda, la prima oasi rurale d’Italia creata da Fondazione Patrimonio Ca’ Granda sulle antiche terre dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, presenta un ricco calendario di eventi per rigenerarsi nel weekend e conoscere questo patrimonio dalla gloriosa storia.

L’Oasi Ca’ Granda propone tanti eventi all’aria aperta per tutte le età, da marzo a ottobre, per vivere e divertirsi in un territorio con una storia unica: quello delle antiche terre del Policlinico gestite e valorizzate dalla Fondazione.

Oltre agli eventi organizzati settimanalmente, sono tante le attività per grandi e piccoli che si possono fare nell’Oasi Ca’ Granda: dai voli in mongolfiera tra il Ticino e l’Adda alle escursioni a piedi o in bici nella natura lungo canali e risorgive, dalle soste golose per riscoprire la
vera cucina tradizionale lombarda alla spesa a km0 acquistando i prodotti del territorio.

Tutto a portata di clic sul sito web: www.oasicagranda.it.

Un Patrimonio per la Ricerca, una speranza per i malati di fegato

I dati parlano chiaro: oltre 1000 persone hanno bisogno di un trapianto di fegato e le liste d’attesa sono in media di un anno e mezzo. Gli organi sono sempre troppo pochi per i pazienti a cui serve un trapianto per poter vivere.

La ricerca scientifica contribuisce a dare una nuova speranza ai pazienti affetti da patologia epatica. Grazie agli studi sul campo e a uno specifico trattamento sarà possibile infatti aumentare il numero di organi disponibili a scopo di trapianto, migliorando le caratteristiche di quelli che inizialmente vengono scartati perché non ritenuti idonei.

Di questo si occupa la ricerca EXPLORE, uno dei progetti finanziati dalla Fondazione Patrimonio Ca’ Granda all’interno del Bando della Direzione Scientifica del Policlinico di Milano “Piattaforma NGS NextSeq2000-2020“.

Il progetto, coordinato dalla dott.ssa Caterina Lonati, prevede di riprodurre, con un modello preclinico, una metodica, definita Machine Perfusion, che consente di trattare, fuori dall’organismo, un fegato prelevato a scopo di trapianto, prima che l’organo stesso venga impiantato nel paziente ricevente.

La tecnologia Machine Perfusion è già utilizzata nel nostro ospedale per valutare e migliorare la qualità di fegati che inizialmente non soddisfano i criteri di idoneità al trapianto.

Quali sono le tappe del vostro progetto?

Nel nostro progetto, valuteremo l’efficacia di una terapia innovativa, basata sull’utilizzo di fattori prodotti dalle cellule staminali, nello stimolare la rigenerazione delle cellule del fegato e nel ridurre l’infiammazione. L’applicazione dell’analisi NGS consentirà di raggiungere un duplice obiettivo:

  1. studiare gli eventi biologici che si mettono in moto quando il fegato viene sottoposto a Machine Perfusion;
  2. descrivere gli effetti positivi indotti dalla terapia in studio.

Accanto allo studio preclinico, il nostro progetto prevede di effettuare un’analisi NGS di campioni prelevati da pazienti trapiantati con un fegato sottoposto a Machine Perfusion presso l’UOC Chirurgia generale e Trapianto di Fegato della Fondazione IRCSS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.

Il confronto dei risultati degli esperimenti con i dati ottenuti dall’analisi dei campioni dei pazienti contribuirà a rafforzare ulteriormente i dati ottenuti durante lo studio preclinico, permettendo di interpretare più accuratamente i risultati.

In parallelo agli esperimenti preclinici già portati a termine, è in corso la raccolta di campioni dei pazienti presso il nostro ospedale, mentre abbiamo attivato una collaborazione con un altro Centro Trapianti nazionale per aumentare il numero dei casi da studiare.

Quali risvolti potrebbe avere la ricerca sulla salute delle persone?

Il trapianto di fegato è ad oggi l’unica opzione terapeutica per pazienti con una patologia epatica terminale. Come è ben noto a chi lavora in ambito trapiantologico (chirurghi, anestesisti, epatologi, infettivologi) la disparità tra donatori di organi e pazienti in attesa di trapianto è una condizione a dir poco drammatica. Infatti, solo una parte dei malati in lista d’attesa avrà la possibilità di vivere grazie ad un trapianto.

La campagna di sensibilizzazione alla donazione, l’introduzione di nuove tecniche chirurgiche e di nuovi farmaci hanno consentito di colmare solo parzialmente questo divario.

Questo nostro studio preclinico/clinico potrebbe consentire di aumentare il numero dei fegati disponibili per il trapianto, attraverso la valutazione e il trattamento dei fegati inizialmente definiti non ottimali e dare a più pazienti in lista d’attesa la possibilità di vivere.

Come il finanziamento di Fondazione Patrimonio vi ha agevolato nel lavoro?

Per una giovane ricercatrice come me essere responsabile di una ricerca biomedica innovativa è estremamente stimolante e un reale momento di crescita. Il budget messo a disposizione dalla Fondazione Patrimonio Ca’ Granda consentirà al gruppo di ricerca di cui faccio parte di utilizzare una metodica all’avanguardia a livello internazionale ed estremamente costosa.

Che rapporto c’è tra ricerca da laboratorio e attività di cura sui pazienti?

Io sono una ricercatrice “da laboratorio” e la mia linfa vitale è lavorare con i ricercatori clinici che sono quotidianamente a contatto con i pazienti.

Lavoro da molti anni con il gruppo di chirurghi che si occupano di trapianto di fegato presso il nostro ospedale. I miei colleghi citano spesso la frase T. Starzl, guru della trapiantologia internazionale: “Se c’è un problema irrisolto sui pazienti, si deve risolvere in Laboratorio. I risultati ottenuti devono poi essere trasferiti sui pazienti”. Solo così ci può essere il progresso della medicina. Questo percorso viene definito “ricerca traslazionale” ed è l’approccio che consente il progresso della medicina.

Ci racconta qualche episodio del suo lavoro che le è rimasto particolarmente impresso? 

Un aspetto che ancora mi colpisce molto è che il mio responsabile, chirurgo e scienziato, nonostante abbia raggiunto ormai l’età e una posizione che gli permetterebbero di alienarsi dall’attività clinica, quando parla dei pazienti, li definisce “gli ammalati”, facendo emergere la sofferenza e il bisogno di cura di queste persone.

La stessa sensibilità si manifesta quando ci rende partecipi della sua commozione nel raccontare di aver incontrato un suo paziente, ora iscritto all’Università, trapiantato all’età di due anni. Questo ragazzo portava con se un pupazzetto in stoffa che custodiva gelosamente, regalato dal chirurgo che lo aveva trapiantato. Come non può, un simile aneddoto, darti forza nel continuare a “ricercare”?

E ancora, come non aver voglia di “ricercare” se chirurghi e anestesisti ti raccontano delle loro 36 ore di ansia in attesa che ci fosse un donatore idoneo per un ragazzo di 29 anni che aveva perso completamente il suo fegato durante un incidente motociclistico?

Come si fa a non lavorare con entusiasmo sapendo che un giovane paziente vive solo ed esclusivamente con un “nuovo” fegato perché il suo era irreparabilmente avvelenato da un piatto di funghi?

Perché la ricerca è importante per migliorare la vita e la salute delle persone?

Si dice che l’età dei “perché” sia quella intorno ai 2-3 anni. Ecco, il ricercatore vive in quell’età per tutta la sua vita. Il Ricercatore non chiude mai la porta della Bottega fino a quando non trova risposta a tutti i suoi “perché”.

La scienza avanza per piccoli passi, ma avanza sempre, non si ferma mai. E quindi noi ricercatori non possiamo fare altro che aggiungere un piccolo “pezzo” alla volta cercando di comporre un grande puzzle. Un puzzle che viene assemblato assieme ad altri Ricercatori, ognuno con le sue competenze.

È inoltre indispensabile che il Ricercatore si confronti con la comunità scientifica internazionale per l’unica guerra che dovrebbe esistere: quella dei numeri, dei grafici e delle statistiche. Ai Congressi internazionali è questa l’aria che si respira: scienziati di tutte le nazionalità, di tutte le etnie, di tutte le religioni che presentano i propri dati e li discutono “in pace” in una sala conferenze.

In ultimo mi permetta di ringraziare i donatori (di organi e sangue; per il paziente sottoposto a trapianto per incidente motociclistico sono state utilizzate 39 sacche di sangue!) e le loro famiglie perché il loro estremo gesto di generosità consente di ridare la vita ai malati che altrimenti non avrebbero a disposizione una terapia adeguata per sopravvivere.

E grazie ovviamente anche a tutta la “Macchina” sanitaria/organizzativa che contribuisce a rendere realizzabile una donazione.

Oasi Ca’ Granda per i bambini, fattorie didattiche e camp estivi

Nella natura stiamo bene perché è un luogo che ci infonde serenità, che cattura tutti nostri sensi e stimola la nostra curiosità, in cui non solo ammiriamo i paesaggi o osserviamo gli animali, ma in cui riprendiamo contatto con l’ambiente che ci circonda e di cui ci dimentichiamo quando siamo rapiti dai ritmi frenetici della nostra quotidianità.

La natura dell’Oasi Ca’ Granda è anche un’occasione straordinaria di conoscenza e di esperienze indimenticabili, per i grandi ma soprattutto per i piccoli.

Imparare a conoscere e ad amare l’ambiente che ci circonda, quello più vicino delle nostre campagne o dei parchi periurbani, ma anche quello più distante e selvatico delle aree protette, è un’esperienza importante e formativa.

Le aree protette ad esempio sono dei veri e propri “musei della natura” come il Parco Lombardo della Valle del Ticino che propone itinerari, visite guidate ed esperienze davvero “immersive” in cui conoscerete habitat e specie non solo con la vista ma con l’udito, l’olfatto e naturalmente il cuore!

Fattorie didattiche nell’Oasi Ca’ Granda vicino Milano

Per i bambini poi ci sono le fattorie didattiche all’interno dell’Oasi Ca’ Granda in cui si fa scuola tutto l’anno!

La Cascina Caiella di Casorate Primo (PV) e la Cascina Selva di Ozzero (MI) ospitano centinaia di bambini nel corso dell’anno scolastico per vivere la campagna e apprendere con laboratori di panificazione o per raccogliere le fragole nell’orto e con moltissime altre attività che stimolano la loro creatività e il desiderio di scoperta e conoscenza: si aiuta così a far nascere in loro un legame e una sensibilità verso la natura che li porterà a diventare degli adulti attenti e responsabili.

E d’estate, quando boschi e campi esplodono di vita, per i bambini ci sono i campus che partono appena termina la scuola.

Si va in fattoria la mattina e si trascorre l’intera giornate tra giochi, scoperte e avventure, insieme agli agricoltori, agli educatori e soprattutto in compagnia di tanti nuovi amici, umani e animali!

Le settimane estive si colorano di verde alla Cascina Montalbano di Opera (MI), dove si gioca col fieno e si scoprono tutti i segreti della stalla e del latte, si esplorano i boschi e i micro-habitat che attorno alla fattoria ospitano un’incredibile biodiversità.

Al Summer Farm Camp della Cascina Battivacco si lavora tutti insieme nell’orto e si va alla scoperta del popolo delle risaie, dalle rane caciarone alle vivaci gallinelle d’acqua!

E durante le “missioni in campo” si raccolgono piccoli materiali per creare poi grandi opere d’arte naturale!

Ecco alcune attività possibili nell’Oasi Ca’ Granda per i bambini, per altre informazioni e attività clicca e scopri gli eventi e le attività dell’Oasi Ca’ Granda.

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