“Il patrimonio pubblico rurale può rendere, il modello da seguire è quello del Policlinico di Milano” che ha affidato la gestione del più grande patrimonio agricolo d’Italia alla Fondazione Patrimonio Ca’ Granda. Lo scrive il Corriere della Sera nell’inchiesta sulla gestione dei terreni donati agli ospedali lombardi nella rubrica Dataroom, a firma di Milena Gabanelli e Simona Ravizza.
“Per decenni – scrive il quotidiano di via Solferino – la strategia dell’ospedale è stata quella di trasformare oltre un milione di aree agricole in edificabili per tentare di venderle, e poi di minimizzare i costi di manutenzione delle cascine affidandoli agli affittuari in cambio del raddoppio della durata degli affitti (fino a 30 anni al posto di 15), senza però andare a vedere «se» i lavori vengono eseguiti e «come»”.
A causa della malagestione e dell’incuria il patrimonio, si legge nell’inchiesta (“7.880 ettari di terreni tra il Ticino e l’Adda, 100 antiche cascine, chiese e oratori donati in 6 secoli da Papi come Paolo III, Paolo IV, Pio IV, nobili come il duca Francesco Sforza fondatore dell’ospedale, imprenditori, da tante famiglie benestanti, e persino Napoleone che in segno di gratitudine per avere curato i soldati francesi regala l’Abbazia quattrocentesca di Mirasole e i poderi intorno”), perde gran parte del suo valore fino a dimezzare gli introiti dei canoni di affitto, oltre all’incuria che coinvolge le cascine.
Per questo, continua ancora il servizio di data journalism del Corriere, “nel 2002 un’ispezione del Ministero dell’Economia e Finanze rileva che la conservazione del patrimonio è a rischio e suggerisce di affidare la gestione a un ente slegato dall’amministrazione sanitaria”. È questo l’inizio della storia della Fondazione Patrimonio Ca’ Granda che nel nome riprende il modo in cui la popolazione chiamava l’antico Ospedale Maggiore di Milano, la “grande casa” dei milanesi che accoglieva e curava tutti, e il suo immenso patrimonio rurale, donato da tanti benefattori fin dal 1456.
Il modello Fondazione Patrimonio Ca’ Granda
L’approfondito articolo di Milena Gabanelli ripercorre la storia della Fondazione, dai suoi inizi fino agli ultimi progetti innovativi che l’hanno portata alla ribalta dei media nazionali come modello di buona gestione.
“Da febbraio 2015 diventa operativa la Fondazione Patrimonio Ca’ Granda diretta da Achille Lanzarini“, aggiungono Gabanelli e Ravizza. “Alla Fondazione vengono dati in usufrutto i terreni per 30 anni, mentre l’ospedale resta il proprietario e il cda di entrambi è lo stesso (ai suoi vertici si succedono l’ex leader di Cl Giancarlo Cesana e il leghista Marco Giachetti). Con il rinnovo dei contratti scaduti, i canoni passano da 3,7 milioni di euro nel 2014, a 5 milioni nel 2021. Vengono rilevati 30 milioni di danni in mancate manutenzioni, ma a fine 2021 i lavori già eseguiti sono per 12 milioni”.
Le risorse per la salute di tutti
Importante l’aumento costante degli utili per portare risorse all’ospedale e, di conseguenza, per migliorare la salute di tutti, continuando la tradizione di bene della Ca’ Granda, eccellenza da 6 secoli di accoglienza e cura: “Vengono venduti 40 ettari di aree edificabili per 10 milioni di euro, che utilizzerà il Policlinico per completare la costruzione del nuovo Pronto Soccorso, e in parte la Fondazione per ridimensionare i costi dell’Imu, scesi a 250 mila euro. I ricavi, complessivamente, passano dai 3,5 milioni del 2015 ai 5,6 del 2020 (+ 63%), e l’utile netto in sei anni arriva a 5,5 milioni di euro”.
Al primo posto i fondi per la ricerca, 4,2 milioni di euro. L’articolo del Corriere della Sera elenca anche alcuni progetti dei finanziati (tutti consultabili sul nostro sito nella sezione impatto sociale:
1.400 m2 di nuovi laboratori di ricerca (700mila euro);
un nuovo centro informatico per l’elaborazione big data (700mila euro);
“Viene creato il marchio dei prodotti alimentari Ca’ Granda, che la Fondazione concede in licenza d’uso in cambio di royalties sul venduto. Nel 2021, con questo marchio, sono state acquistate solo a Milano 600.709 confezioni di latte bio e 21.380 di riso Carnaroli”, continua l’inchiesta.
L’impegno per l’ambiente
La Fondazione Patrimonio viene anche citata anche nel suo impegno per la tutela della natura e dell’ambiente. “Tra i principali progetti realizzati ci sono 15 km di corridoi ecologici con 5.000 nuove piante (342mila euro); la creazione di itinerari accessibili ai visitatori e scolaresche lungo l’intero ecosistema; eventi turistici (300mila euro), la realizzazione di un’oasi ambientale da 40ettari (248mila euro)”.
Gabanelli scrive così del modello della Fondazione Patrimonio Ca’ Granda e la sua gestione del più grande patrimonio rurale pubblico d’Italia.
Risultati raggiunti grazie alla dedizione e passione di ogni persona che lavora in Fondazione. Una squadra affiatata fatta di professionisti competenti, responsabili e con senso del dovere verso benefattori e cittadini.
Persone che ogni giorno, lontane dai riflettori, grazie al loro quotidiano impegno, rendono possibili progetti straordinari per il bene comune. E vederli citati come esempio virtuoso da una giornalista seria e rigorosa, riconosciuta da tutti come esempio di imparzialità nel denunciare gli sprechi e i disservizi del nostro Paese è, senza alcuna piaggeria, una bella soddisfazione.
Trasformare le sale della Mangiagalli dedicate al travaglio e al parto in spazi accoglienti e rilassanti per la mamma e il bambino, attraverso un innovativo sistema integrato di luci, colori e musicoterapia.
È questo l’obiettivo del progetto “Umanizzazione luogo della nascita” finanziato con 40mila euro dalla Fondazione Patrimonio Ca’ Granda.
A proporlo i team del prof. Enrico Ferrazzi dell’UOC Ostericia del Policlinico di Milano e della dott.ssa Alessandra Kustermann dell’UOC P.S. e Accettazione Ostetrico-Ginecologica, Soccorso Violenza Sessuale e Domestica e Consultorio familiare, con il coinvolgimento dell’UOC Neonatologia e terapia intensiva neonatale dell’ospedale diretta dal prof. Fabio Mosca.
Nuove ricerche hanno dimostrato che, durante il travaglio e il parto, il benessere della mamma e del bambino dipendono dallo stato psico-ormonale della mamma, su cui incide fortemente il luogo fisico in cui si svolge il meraviglioso evento.
Dalla collaborazione tra medici, ingegneri e cronobiologi sono state ideate diverse soluzioni per trasformare queste sale da luoghi prettamente medici a spazi sensoriali speciali, in grado di accogliere la partoriente e garantirle un’eccezionale esperienza psico-emozionale.
Il progetto finanziato dalla Fondazione Patrimonio Ca’ Granda trasformerà le sale della Mangiagalli, secondo tre linee di intervento:
Pareti: verranno rivestite con immagini di paesaggi naturali associabili a momenti di serenità, favorendo la produzione di endorfine e riducendo gli ormoni dello stress.
Musica: una musica speciale agirà sul sistema nervoso centrale attraverso un’azione neuromodulatoria alleviando la percezione del dolore.
Luci: una innovativa illuminazione biodinamica favorirà nella mamma processi emotivi e ormonali positivi. Durante il travaglio, lo spettro luminoso del tramonto sviluppa una sensazione di serenità e quindi i livelli di ossitocina, melatonina ed endorfine aiutando le contrazioni uterine. Durante il parto, i colori energizzanti dello spettro luminoso del mezzogiorno promuovono l’azione combinata di ossitocina, prolattina, adrenalina e cortisolo che sviluppano una sensazione di forza vitale, migliorando la fase espulsiva. Dopo la nascita, verrà irradiato invece lo spetto luminoso positivo e tranquillizzante dell’alba.
Grazie ai 400mila euro messi a disposizione nel 2021 dalla Fondazione Patrimonio Ca’ Granda, frutto della gestione del più grande patrimonio rurale d’Italia, i ricercatori del Policlinico di Milano avranno a disposizione nuovi fondi per nuovi studi scientifici per contrastare le malattie e migliorare la salute di tutti.
I numerosi progetti di ricerca pervenuti sono stati valutati da una commissione indipendente di esperti internazionali. La prof.ssa Flora Peyvandi, Direttore Scientifico dell’ospedale, si è congratulata con tutti i ricercatori partecipanti e ha annunciato i vincitori:
Prof. Antonino Neri per il progetto “Single-cell serial dissection of neoplastic clones in multiple myeloma to pinpoint ontogenesis, MRD and relapse” che mira a definire, con l’uso di nuove ed avanzate tecnologie molecolari, la complessità biologica del mieloma multiplo, un tumore del sangue al momento incurabile. La comprensione di questi aspetti aiuterà a identificare come la malattia progredisce e sviluppare terapie personalizzate.
Prof. Gianpaolo Carrafiello per il progetto “Hemophilic arthropathy treatment with adipose-derived mesenchymal stem cells: ARTEMIDE study” che si propone di curare l’artropatia emofilica una malattia del sangue che causa emorragie agli arti attraverso un trattamento con particolari cellule staminali.
Prof.ssa Stefania Corti per il progetto “3D modelling of neuromuscular unit to discover pathogenetic mechanisms and therapeutics for motor neuron diseases” che ha come obiettivo lo sviluppo di un modello in vitro tridimensionale per lo sviluppo di nuove terapie per pazienti affetti da malattie neuromuscolari.
Prof. Paolo Pietro Vercellini per il progetto “Metabolomic profile in women with and without endometriosis: a case control study” che permetterà di conoscere meglio il profilo metabolomico delle donne che soffrono di endometriosi e fornire utili indicazioni sui fattori di rischio e sui meccanismi di questa invalidante patologia ginecologica che colpisce un numero elevato di donne in età fertile.
Prof. Paolo Brambilla per il progetto “Chronic neuroinflammation in the pathogenesis of late-onset affective psychosis and behavioural variant frontotemporal dementia: an integrated neurobiological and neuroimaging approach (TORCH)”, uno studio che ha l’obiettivo di raccogliere dati clinici di neuro-imaging e di immuno-infiammazione per migliorare diagnosi, trattamento e outcome di psicosi affettive o fenomeni di demenza che hanno un’alta prevalenza nella popolazione generale.
Con questo importante finanziamento deliberato dalla Fondazione Patrimonio Ca’ Granda, il Policlinico di Milano realizzerà tre importanti progetti – selezionati tra 17 proposte da una commissione di esperti internazionali – per rendere l’ospedale più bello e confortevole, alleviando le sofferenze in particolare dei bambini e dei loro genitori.
Percorso di cura del bambino ipoacusico (40.000 euro) Il progetto migliorerà il benessere dei piccoli pazienti audiolesi, realizzando spazi dedicati alla musicoterapia infantile, adeguando l’acustica delle stanze destinate ai test audiometrici e migliorando i percorsi dei pazienti per evitare inutili attese.
Umanizzazione del luogo della nascita (40.000 euro) Il progetto renderà più accoglienti e rilassanti sale parto e sale travaglio attraverso un sistema integrato di luci, colori e musicoterapia. Gli effetti positivi di questi interventi saranno studiati dal punto di vista scientifico, per svilupparne il valore clinico.
Family room per la Terapia Intensiva Pediatrica (20.000 euro) Il progetto garantirà alle famiglie dei piccoli pazienti un ambiente confortevole dove concedersi un po’ di riposo per alleviare le fatiche e lo stress dell’ospedalizzazione, senza mai allontanarsi dal proprio bambino. Verrà creato un ambiente accogliente con poltrone reclinabili, microonde, docce, ma anche colorato con decorazioni alle pareti e una calda illuminazione.
I fondi erogati sono il frutto della valorizzazione del patrimonio rurale affidato dal Policlinico alla Fondazione Patrimonio Ca’ Granda, la cui missione è finanziare progetti di ricerca scientifica, umanizzazione delle cure e valorizzazione dei beni culturali dell’ospedale.
Fondazione Patrimonio Ca’ Granda ha realizzato un grande intervento ecologico che ha portato alla creazione di un habitat naturalistico unico in Lombardia per dimensioni e importanza. Un investimento di oltre 350.000 euro, finanziato da un contributo della Regione Lombardia e realizzato in collaborazione con Fondazione Lombardia per l’Ambiente, Parco del Ticino e Comune di Morimondo.
10 km di filari alberati collegano, nel territorio di Morimondo, l’ecosistema del Ticino con quello del Naviglio di Bereguardo. Ad oggi sono stati piantati oltre 5.000 tra alberi e arbusti ed è stata creata un’area umida imboschita di circa 4.000 mq.
I nuovi filari connettono gli habitat naturali esistenti, riducendone la frammentazione e permettendo agli animali di spostarsi in sicurezza. Il nuovo ecosistema è destinato ad arricchirsi progressivamente, ospitando un numero sempre crescente di speciefaunistiche tra cui aironi, rane, tritoni, tartarughe, tordi, libellule.
La nuova area umida costituisce invece un nuovo habitat, molto prezioso per la biodiversità: per gli anfibi che vi si riproducono, gli uccelli acquatici che vi nidificano e trovano riparo e nutrimento durante le migrazioni, i rapaci che vi cacciano.
Gli esperti della Fondazione Lombardia per l’Ambiente monitorano la presenza di mammiferi, uccelli, anfibi che gradualmente vi si stanno insediando.
La realizzazione del progetto ha coinvolto 11 aziende agricole, affittuarie della Fondazione Patrimonio Ca’ Granda, che si sono occupate delle piantumazioni e della cura di questi nuovi ambienti.
Se le terre della Fondazione Patrimonio Ca’ Granda fossero un giacimento, il filone alla base della sua ricchezza sarebbe sicuramente quello del riso.
Nel comprensorio dei possedimenti rurali la coltivazione del riso, il cereale più completo e digeribile fra tutti – notevole l’apporto di fibra, vitamine e sali minerali – ha un grande valore non solo dal punto di vista dell’economia locale ma anche per il territorio: plasma il paesaggio e dà vita ad ambienti che ospitano molte specie di uccelli e anfibi.
Maggio è il mese della semina, momento fondamentale nella vita delle cascine della Ca’ Granda come Lasso, Resentera e Battivacco che producono riso delle migliori varietà, primo fra tutti il Carnaroli, particolarmente pregiato per l’alta presenza di amilosio, un polisaccaride che, rallentando l’assorbimento dei glucidi presenti nel riso, ne abbassa molto l’indice glicemico rendendolo un ottimo alleato per un’alimentazione sana e nutriente.
Ai tempi della fondazione dell’Ospedale Maggiore, nel XVI secolo, il riso giungeva nel capoluogo lombardo dall’Asia Minore attraverso la Grecia.
Noto agli arabi con il nome di arz, in età viscontea era molto caro e venduto dagli speziali come medicamento. La sua coltivazione, come racconta l’archivio online Ca’ Granda, venne introdotta a livello sperimentale da Galeazzo Maria Sforza, probabilmente nelle cascine dei parchi ducali di Pavia e Milano.
La bassa milanese è da sempre una delle terre più fertili e più adatte alla produzione del riso, che si adatta ai terreni più diversi.
La prima menzione del riso in area milanese si trova in una lettera del 1475, dello stesso Sforza, indirizzata al duca Ercole d’Este, suo alleato, con la quale annunciava l’invio di alcuni sacchi di riso nel ferrarese senza l’obbligo di pagamento di dazio, al fine di avviarne la coltivazione estensiva anche in quelle terre. Il duca, che conosceva le grandi proprietà del riso, ne tutelò la produzione e il commercio.
Oggi, la coltivazione del riso ha un ruolo importante nell’economia dell’agricoltura lombarda: la varietà Carnaroli è quella maggiormente prodotta ma non mancano l’Arborio, il Rosa Marchetti, il Baldo.
Il Carnaroli, nato dall’incrocio tra il Lencino e il Vialone, è definito il “re dei risi”: ideale per risotti e pietanze gourmet perché i suoi chicchi, che tengono molto bene la cottura, assorbono i condimenti restituendo poi al palato tutti gli aromi e i profumi.
Per scoprire le novità sui prodotti agricoli Ca’ Granda seguiteci su Facebook, dove troverete anche squisite ricette a base di riso e altre specialità locali.
Per vivere la natura, non c’è nulla di meglio che percorrerla in bici. Distese di campi a perdita d’occhio che seguono i ritmi della natura scorrono lenti da un lato e dall’altro, mentre su strade sterrate l’aria tiepida ci accarezza il volto e per qualche ora possiamo dimenticarci della frenesia metropolitana.
Le terre della Ca’ Granda offrono agli amanti delle due ruote, esperti o novizi che siano, innumerevoli possibilità di svago per godersi la tranquillità della natura e fare qualche sosta gastronomica nelle cascine sparse lungo i tanti percorsi.
Il tracciato più famoso, che scende dal nord Europa e arriva fino al sud della Penisola, èil sentiero Europeo segnalato “E1“, che entra in Italia a Porto Ceresio, oltrepassa le Prealpi Varesine per arrivare a Osmate nel Parco del Ticino percorrendolo, per oltre cento chilometri, da Sesto Calende a Pavia toccando il comune di Morimondo, quello di Motta Visconti (a Lido di Motta Visconti è situato un punto bici) e, in una sua variante, quello di Bereguardo.
Poco prima di arrivare a Motta Visconti l’itinerario passa per la Cascina Caiella, podere di proprietà della Ca’ Granda, dove è possibile sostare per un pranzo al sacco, acquistare prodotti a chilometro ed è possibile fermarsi a dormire.
Nel suggestivo Parco del Ticino, l’itinerario comincia dal lago di Monate per arrivare al comune di Cava Manara, nella frazione di Tre Re: una sorta di “museo verde” che mostra al viaggiatore frammenti di storia e cultura locale.
Lo scorcio naturalistico sulla valle del Ticino, insieme ai luoghi d’interesse storico come Golasecca, il castello di Somma Lombardo, Bernate Ticino e Morimondo, rendono il percorso unico e variegato.
Altro itinerario da non perdere in bici è quello siglato “NG01”, che segue il tratto finale del Naviglio Grande partendo dalla stazione Porta Genova di Milano per arrivare alla stazione ferroviaria di Abbiategrasso proseguendo poi lungo il Naviglio di Bereguardo. La segnaletica, in questo caso, è assente, ma la completa ciclabilità del percorso lo rende facile e divertente da seguire.
L’itinerario “PA01”,invece, segue il percorso del Naviglio Pavese da Milano al Ticino. Anche questo parte dalla stazione di Porta Genova, e conduce fino a quella di Pavia congiungendosi alla via Francigena, che prende avvio da Canterbury e arriva fino alla tomba di San Pietro, a Roma, e che a partire dal IX secolo assume il nome attuale perché parte dal regno dei Franchi.
Questa via millenaria è stata percorsa nei secoli da mercanti, pellegrini e religiosi diretti a Roma per proseguire verso la Terra Santa oppure, seguendo la direzione opposta, andare verso Santiago de Compostela. Da Abbiategrasso, ricca di canali e risorgive, si può prendere viale Mazzini, svoltare in via Grossi e, costeggiando il Naviglio di Bereguardo, arrivare fino a Cascina Angela per entrare nel comune di Morimondo.
In questo itinerario, che passa attraverso il tratto urbano, la sponda del naviglio e la rete sentieristica del Parco del Ticino, vi sono molti i punti d’interesse fra cui il Castello Visconteo di Abbiategrasso, l’abbazia di Morimondo, il suggestivo borgo storico di Fallavecchia circondato da risaie, marcite e un’area umida.
“Con studio et diligentia, li è proveduto de boni cibi, como se ciascuno de loro fosse in casa propria, con honesta facultà”. Così scriveva nel 1508 Giacomo Gilini, priore dei Deputati della Ca’ Granda, per istruire il personale dell’ospedale ambrosiano sulla alimentazione da far seguire agli ammalati. Ai degenti veniva offerto pane, vino, salami, olio, burro, uova, formaggio, pesce e carne proveniente per lo più dalle cascine della Ca’ Granda.
L’attività di cura non riguardava, solo i poveri del centro cittadino, ma di tutto il ducato: per far fronte a questo immane bisogno l’ospedale poteva contare sulla sua rete di cascine che fornivano all’ospedale gli alimenti necessari per la dieta dei pazienti. Un sistema di filiera corta ante litteram.
Un modello che la Fondazione Patrimonio Ca’ Granda si cura di preservare e mantenere vivo: gli alimenti e le materie prime prodotte in queste terre sostengono direttamente, con il ricavato delle vendite, l’attività e la ricerca ospedaliera. È il caso del Latte Ca’ Granda prodotto dalla cascina Coltivi a Zelo Buon Persico con metodo biologico e disponibile nei supermercati Esselunga.
Anche lo spirito educativo in base al quale i medici fornivano consigli alimentari ai pazienti dell’ospedale trova oggi una sua continuazione ideale nelle attività didattiche gestite dalle Cascine della Fondazione, come quelle di Montalbano e della Caiella, dove si insegna alle nuove generazioni il rispetto per la terra, la cura dell’ambiente, e quindi di noi tutti.
Ciò che mangiamo è ciò di cui siamo fatti. Il percorso di cura ideale non può prescindere dalla alimentazione: latte, riso, formaggi, verdure, fanno parte del patrimonio agricolo e gastronomico grazie al quale, ancora oggi, le cascine Ca’ Granda, tenendo fede ai principi già ben strutturati all’epoca della fondazione dell’ospedale, si prendono cura anche del territorio.
Nell’area compresa fra i parchi del Ticino e dell’Adda Sud si trova la gran parte dei terreni agricoli e delle cascine che da secoli fanno parte del patrimonio rurale della Ca’ Granda. Ma non si tratta di un territorio esclusivamente agricolo ma ricco di natura e biodiversità in misura sorprendente.
I boschi del Parco del Ticino, nella cui parte meridionale si trovano le terre della Ca’ Granda, coprono una superficie complessiva di oltre 20.000 ettari. Le tipologie boschive che si ritrovano qui sono molto varie, e tutte di grande interesse botanico: i censimenti hanno rivelato la presenza di oltre 1.200 specie vegetali, che si aggiungono alle circa 1.300 specie di funghi.
Anche la fauna del parco è molto ricca e varia, con ben 53 specie di mammiferi, fra cui martore, volpi, tassi, donnole, caprioli, scoiattoli, ghiri, ricci, lepri. Certamente più facili da individuare sono gli uccelli, acquatici e non, presenti in 240 diverse specie. Oltre 7.000 esemplari di aironi, nitticore, germani reali, cinciallegre, picchi, pettirossi, cuculi e usignoli, solo per citarne alcuni.
Nel comune di Morimondo, compreso nel Parco del Ticino, la Fondazione ha realizzato dieci nuovi chilometri di corridoi ecologici: con la piantumazione di 5.000 nuovi esemplari fra alberi e arbusti, permettendo alla fauna di muoversi in un’area di oltre 2.000 ettari e collegando l’ecosistema del Naviglio di Bereguardo con quello del Ticino.
Le aree circostanti sono ricche di pioppi, salici e sambuchi, ma anche di campi coltivati, agriturismi, corsi d’acqua e percorsi nella natura, all’interno di un vero e proprio tempio della biodiversità in cui passeggiare per lasciarsi alle spalle la routine quotidiana.
Di grande interesse naturalistico, fra la aree in cui sono presenti le proprietà Ca’ Granda, è anche il territorio del Parco Adda Sud, che corre per 60 chilometri lungo il corso inferiore del fiume Adda abbracciando 35 comuni, e attraversando boschi rivieraschi e zone palustri formate da “lanche” e “morte”, canali scavati negli anni grazie ai mutevoli tragitti del fiume.
Pioppi, gelsi, salici, aceri, olmi, vanno a comporre la vegetazione locale, annoverando specie erbacee talvolta molto rare in zona padana. Ghiri, daini, garzette, falchi di palude, tritoni, rospi e rane popolano questi boschi alimentando un ecosistema prezioso e insostituibile.
“Multifunzionalità” è un termine che forse non esprime appieno il bene che rappresenta. Di multifunzionalità in agricoltura si iniziò a parlare già negli anni ottanta, ma è solo nel 1999 che le pratiche agricole vengono associate ai concetti di valorizzazione paesaggistica, ambientale, educativa, a un miglioramento della qualità di vita degli animali e, in poche parole, a una serie di buone prassi che consentano di conciliare salvaguardia del territorio e produttività, accostando due temi che fino a poco prima sembravano distanti, se non opposti fra loro.Ufficialmente, la multifunzionalità viene descritta in questo modo dalla Commissione Agricoltura dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico: “Oltre alla sua funzione primaria di produrre cibo e fibre, l’agricoltura può anche disegnare il paesaggio, proteggere l’ambiente e il territorio e conservare la biodiversità, gestire in maniera sostenibile le risorse, contribuire alla sopravvivenza socio-economica delle aree rurali, garantire la sicurezza alimentare. Quando l’agricoltura aggiunge al suo ruolo primario una o più di queste funzioni può essere definita multifunzionale”.Fornire nutrimento, quindi, ma in maniera sostenibile, allontanandosi dalle dinamiche dello sfruttamento e avvicinandosi, invece, a quelle dell’accudimento. Valori che si sposano da sempre con la filosofia della Fondazione Patrimonio Ca’ Granda e che ne rappresentano, anzi, le basi fondanti.
Quelli della Fondazione sono luoghi da “coltivare”, nel senso più pieno del termine: spazi naturali in cui vivere, nei quali accogliere i turisti, da usare come veri e propri contesti educativi per formare le coscienze delle nuove generazioni. Ne sono un esempio le fattorie didattiche delle cascine Caiella, Battivacco, Montalbano eMirasole, gli agriturismi come la CascinaLasso o le aziende in cui si pratica l’agricoltura sociale, come alla FattoriaSan Giuda, che impiega lavoratori con maggiori esigenze di tutela.
Nata con il proposito di valorizzare il territorio, la Fondazione prosegue dunque nella propria attività, guardando all’agricoltura multifunzionale come il mezzo migliore per ripagare la terra della sua generosità.