Per vivere la natura, non c’è nulla di meglio che percorrerla in bici. Distese di campi a perdita d’occhio che seguono i ritmi della natura scorrono lenti da un lato e dall’altro, mentre su strade sterrate l’aria tiepida ci accarezza il volto e per qualche ora possiamo dimenticarci della frenesia metropolitana.
Le terre della Ca’ Granda offrono agli amanti delle due ruote, esperti o novizi che siano, innumerevoli possibilità di svago per godersi la tranquillità della natura e fare qualche sosta gastronomica nelle cascine sparse lungo i tanti percorsi.
Il tracciato più famoso, che scende dal nord Europa e arriva fino al sud della Penisola, èil sentiero Europeo segnalato “E1“, che entra in Italia a Porto Ceresio, oltrepassa le Prealpi Varesine per arrivare a Osmate nel Parco del Ticino percorrendolo, per oltre cento chilometri, da Sesto Calende a Pavia toccando il comune di Morimondo, quello di Motta Visconti (a Lido di Motta Visconti è situato un punto bici) e, in una sua variante, quello di Bereguardo.
Poco prima di arrivare a Motta Visconti l’itinerario passa per la Cascina Caiella, podere di proprietà della Ca’ Granda, dove è possibile sostare per un pranzo al sacco, acquistare prodotti a chilometro ed è possibile fermarsi a dormire.
Nel suggestivo Parco del Ticino, l’itinerario comincia dal lago di Monate per arrivare al comune di Cava Manara, nella frazione di Tre Re: una sorta di “museo verde” che mostra al viaggiatore frammenti di storia e cultura locale.
Lo scorcio naturalistico sulla valle del Ticino, insieme ai luoghi d’interesse storico come Golasecca, il castello di Somma Lombardo, Bernate Ticino e Morimondo, rendono il percorso unico e variegato.
Altro itinerario da non perdere in bici è quello siglato “NG01”, che segue il tratto finale del Naviglio Grande partendo dalla stazione Porta Genova di Milano per arrivare alla stazione ferroviaria di Abbiategrasso proseguendo poi lungo il Naviglio di Bereguardo. La segnaletica, in questo caso, è assente, ma la completa ciclabilità del percorso lo rende facile e divertente da seguire.
L’itinerario “PA01”,invece, segue il percorso del Naviglio Pavese da Milano al Ticino. Anche questo parte dalla stazione di Porta Genova, e conduce fino a quella di Pavia congiungendosi alla via Francigena, che prende avvio da Canterbury e arriva fino alla tomba di San Pietro, a Roma, e che a partire dal IX secolo assume il nome attuale perché parte dal regno dei Franchi.
Questa via millenaria è stata percorsa nei secoli da mercanti, pellegrini e religiosi diretti a Roma per proseguire verso la Terra Santa oppure, seguendo la direzione opposta, andare verso Santiago de Compostela. Da Abbiategrasso, ricca di canali e risorgive, si può prendere viale Mazzini, svoltare in via Grossi e, costeggiando il Naviglio di Bereguardo, arrivare fino a Cascina Angela per entrare nel comune di Morimondo.
In questo itinerario, che passa attraverso il tratto urbano, la sponda del naviglio e la rete sentieristica del Parco del Ticino, vi sono molti i punti d’interesse fra cui il Castello Visconteo di Abbiategrasso, l’abbazia di Morimondo, il suggestivo borgo storico di Fallavecchia circondato da risaie, marcite e un’area umida.
“Con studio et diligentia, li è proveduto de boni cibi, como se ciascuno de loro fosse in casa propria, con honesta facultà”. Così scriveva nel 1508 Giacomo Gilini, priore dei Deputati della Ca’ Granda, per istruire il personale dell’ospedale ambrosiano sulla alimentazione da far seguire agli ammalati. Ai degenti veniva offerto pane, vino, salami, olio, burro, uova, formaggio, pesce e carne proveniente per lo più dalle cascine della Ca’ Granda.
L’attività di cura non riguardava, solo i poveri del centro cittadino, ma di tutto il ducato: per far fronte a questo immane bisogno l’ospedale poteva contare sulla sua rete di cascine che fornivano all’ospedale gli alimenti necessari per la dieta dei pazienti. Un sistema di filiera corta ante litteram.
Un modello che la Fondazione Patrimonio Ca’ Granda si cura di preservare e mantenere vivo: gli alimenti e le materie prime prodotte in queste terre sostengono direttamente, con il ricavato delle vendite, l’attività e la ricerca ospedaliera. È il caso del Latte Ca’ Granda prodotto dalla cascina Coltivi a Zelo Buon Persico con metodo biologico e disponibile nei supermercati Esselunga.
Anche lo spirito educativo in base al quale i medici fornivano consigli alimentari ai pazienti dell’ospedale trova oggi una sua continuazione ideale nelle attività didattiche gestite dalle Cascine della Fondazione, come quelle di Montalbano e della Caiella, dove si insegna alle nuove generazioni il rispetto per la terra, la cura dell’ambiente, e quindi di noi tutti.
Ciò che mangiamo è ciò di cui siamo fatti. Il percorso di cura ideale non può prescindere dalla alimentazione: latte, riso, formaggi, verdure, fanno parte del patrimonio agricolo e gastronomico grazie al quale, ancora oggi, le cascine Ca’ Granda, tenendo fede ai principi già ben strutturati all’epoca della fondazione dell’ospedale, si prendono cura anche del territorio.
Nell’area compresa fra i parchi del Ticino e dell’Adda Sud si trova la gran parte dei terreni agricoli e delle cascine che da secoli fanno parte del patrimonio rurale della Ca’ Granda. Ma non si tratta di un territorio esclusivamente agricolo ma ricco di natura e biodiversità in misura sorprendente.
I boschi del Parco del Ticino, nella cui parte meridionale si trovano le terre della Ca’ Granda, coprono una superficie complessiva di oltre 20.000 ettari. Le tipologie boschive che si ritrovano qui sono molto varie, e tutte di grande interesse botanico: i censimenti hanno rivelato la presenza di oltre 1.200 specie vegetali, che si aggiungono alle circa 1.300 specie di funghi.
Anche la fauna del parco è molto ricca e varia, con ben 53 specie di mammiferi, fra cui martore, volpi, tassi, donnole, caprioli, scoiattoli, ghiri, ricci, lepri. Certamente più facili da individuare sono gli uccelli, acquatici e non, presenti in 240 diverse specie. Oltre 7.000 esemplari di aironi, nitticore, germani reali, cinciallegre, picchi, pettirossi, cuculi e usignoli, solo per citarne alcuni.
Nel comune di Morimondo, compreso nel Parco del Ticino, la Fondazione ha realizzato dieci nuovi chilometri di corridoi ecologici: con la piantumazione di 5.000 nuovi esemplari fra alberi e arbusti, permettendo alla fauna di muoversi in un’area di oltre 2.000 ettari e collegando l’ecosistema del Naviglio di Bereguardo con quello del Ticino.
Le aree circostanti sono ricche di pioppi, salici e sambuchi, ma anche di campi coltivati, agriturismi, corsi d’acqua e percorsi nella natura, all’interno di un vero e proprio tempio della biodiversità in cui passeggiare per lasciarsi alle spalle la routine quotidiana.
Di grande interesse naturalistico, fra la aree in cui sono presenti le proprietà Ca’ Granda, è anche il territorio del Parco Adda Sud, che corre per 60 chilometri lungo il corso inferiore del fiume Adda abbracciando 35 comuni, e attraversando boschi rivieraschi e zone palustri formate da “lanche” e “morte”, canali scavati negli anni grazie ai mutevoli tragitti del fiume.
Pioppi, gelsi, salici, aceri, olmi, vanno a comporre la vegetazione locale, annoverando specie erbacee talvolta molto rare in zona padana. Ghiri, daini, garzette, falchi di palude, tritoni, rospi e rane popolano questi boschi alimentando un ecosistema prezioso e insostituibile.
“Multifunzionalità” è un termine che forse non esprime appieno il bene che rappresenta. Di multifunzionalità in agricoltura si iniziò a parlare già negli anni ottanta, ma è solo nel 1999 che le pratiche agricole vengono associate ai concetti di valorizzazione paesaggistica, ambientale, educativa, a un miglioramento della qualità di vita degli animali e, in poche parole, a una serie di buone prassi che consentano di conciliare salvaguardia del territorio e produttività, accostando due temi che fino a poco prima sembravano distanti, se non opposti fra loro.Ufficialmente, la multifunzionalità viene descritta in questo modo dalla Commissione Agricoltura dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico: “Oltre alla sua funzione primaria di produrre cibo e fibre, l’agricoltura può anche disegnare il paesaggio, proteggere l’ambiente e il territorio e conservare la biodiversità, gestire in maniera sostenibile le risorse, contribuire alla sopravvivenza socio-economica delle aree rurali, garantire la sicurezza alimentare. Quando l’agricoltura aggiunge al suo ruolo primario una o più di queste funzioni può essere definita multifunzionale”.Fornire nutrimento, quindi, ma in maniera sostenibile, allontanandosi dalle dinamiche dello sfruttamento e avvicinandosi, invece, a quelle dell’accudimento. Valori che si sposano da sempre con la filosofia della Fondazione Patrimonio Ca’ Granda e che ne rappresentano, anzi, le basi fondanti.
Quelli della Fondazione sono luoghi da “coltivare”, nel senso più pieno del termine: spazi naturali in cui vivere, nei quali accogliere i turisti, da usare come veri e propri contesti educativi per formare le coscienze delle nuove generazioni. Ne sono un esempio le fattorie didattiche delle cascine Caiella, Battivacco, Montalbano eMirasole, gli agriturismi come la CascinaLasso o le aziende in cui si pratica l’agricoltura sociale, come alla FattoriaSan Giuda, che impiega lavoratori con maggiori esigenze di tutela.
Nata con il proposito di valorizzare il territorio, la Fondazione prosegue dunque nella propria attività, guardando all’agricoltura multifunzionale come il mezzo migliore per ripagare la terra della sua generosità.
Il progetto di ricerca nell’Archivio Storico dell’Ospedale Maggiore “Un archivio vivo“, avviato dalla Fondazione Patrimonio Ca’ Granda e svolto dagli storici dell’Università degli Studi di Milano, ha permesso la conoscenza di preziosi documenti che raccontano l’antico legame tra la città di Milano e le sue campagne, tra l’Ospedale Maggiore e il suo patrimonio rurale, gestito dalla Fondazione.
Cascine, terreni, boschi, rogge e abbazie alla base di un sistema economico all’avanguardia. Dalle carte emerge come, sin dalla sua fondazione, l’Ospedale abbia saputo valorizzare le sue proprietà, donate dalla Chiesa e dai nobili, traendo da queste risorse economiche e agroalimentari per sostenere le attività di assistenza e accoglienza.
Dalle cascine “di prossimità” arrivavano alla mensa dell’Ospedale latte, riso, uova, carne e pesce, sacchi di cereali, botti di vino, legname e mattoni ma anche petali di rosa che, raffinati, servivano per i medicamenti. Prodotti di qualità che con le loro proprietà funzionali contribuivano alla terapia di cura dei malati, ma garantivano anche tre pasti al giorno al personale medico e ai tanti poveri, bambini e anziani, che venivano sfamati dall’Ospedale, per questo subito rinominato affettuosamente dal popolo “la Ca’ Granda”: la grande casa dei milanesi.
Una lunga tradizione di carità che ha cambiato la storia di Milano e che la Fondazione Patrimonio Ca’ Granda è impegnata a rendere viva realizzando progetti sull’ambienta e l’agricoltura in modo da preservare i terreni, la natura e il paesaggio di una volta ma guardando al futuro.